La Nostra Storia

L'Accademia Ercolanese è un'accademia di carattere archeologico istituita nel 1755 a Napoli da CARLO di Borbone per pubblicare e illustrare gli oggetti che frequentemente venivano disseppelliti nelle città sepolte dall'eruzione del Vesuvio del 79 d.C., principalmente Pompei ed Ercolano (da cui l'accademia prende il nome).

Dopo un lungo periodo di totale silenzio, l'accademia ha ripreso vita nel dicembre 1996 con lo scopo di reagire al "degrado della vita culturale della Città di Ercolano e più in generale del territorio vesuviano" e per "rianimare le attività culturali di quest'angolo della Regione Campania e soprattutto richiamare alla memoria degli Ercolanesi le nobili memorie delle antiche città di Ercolano, Pompei, Oplontis e Stabiae" Nel 1734 salì sul trono di Napoli CARLO di Borbone. Il nuovo re venne a sapere che nelle vicinanze di Portici, dove aveva fatto edificare una propria villa, la reggia di Portici, erano stati rinvenuti dei pregevoli monumenti antichi. Data la propria passione per la cultura ed avendo intuìto il prestigio che avrebbe potuto ricavare il proprio regno, CARLO ordinò che si riprendessero gli scavi precedentemente interrotti, e così avvenne nei primi giorni del 1738. L'operazione ebbe un grande successo, portando alla luce molti oggetti, statue ed iscrizioni. CARLO ne rimase tanto avvinto da volere che gli venissero riferite giornalmente le scoperte, presenziando spesso egli stesso agli scavi. Con l'ampliamento e l'intensificazione dei lavori, si arrivò ad identificare il luogo degli scavi con la città di Ercolano. Visto il successo avuto con Ercolano, CARLO decise di intensificare gli scavi anche presso l'altra città sepolta, Pompei, riottenendo lo stesso successo. Venendo rinvenuti continuamente nuovi reperti in entrambe le città, nel 1751 venne creato un apposito museo per raccoglierli, presso la villa reale di Portici.

Nonostante fosse appena nato questo museo già contava un numero impressionante di oggetti e il re, impaziente di veder restaurati i monumenti, decifrati i papiri e illustrati i rinvenimenti, fece venire da Roma Giuseppe Canart per restaurare i marmi, Tommaso Valenziani per restaurare i bronzi e il padre scolopio Antonio Piaggio per decifrare i papiri. Per interpretare ed illustrare i monumenti, nel 1747 fu chiamato monsignor Ottavio Antonio Bayardi che accettò il difficile incarico e si trasferì nel regno l'anno stesso. Ma il Bayardi si accinse a scrivere un'opera immensa la cui descrizione partiva dalle epoche più remote di Ercolano tanto che, dopo cinque anni di lavoro, pubblicò solo parte della vita di Ercole (Prodromo delle antichità di Ercolano).Nell'ultimo volume di quanto pubblicato il Bayardi prometteva che con i volumi successivi avrebbe completato la vita di Ercole, avrebbe raccontato della fondazione di Ercolano ed infine avrebbe parlato delle antichità rinvenute. Ma il mondo letterario e lo stesso re Carlo desideravano con impazienza l'esposizione delle opere rinvenute. Sotto tale pressione, il Bayardi pubblicò un semplice catalogo dei monumenti dissotterrati ma privo di spiegazioni. Nello stesso egli scrisse che avrebbe avuto bisogno di un altro paio di anni se non di più per completare il suo prodromo di cui sopra. Fu allora che il re, infastidito dall'allungarsi dei tempi, su suggerimento del marchese Bernardo Tanucci che allora era segretario di stato della casa reale, decise di fondare un'accademia unicamente incaricata di illustrare i monumenti rinvenuti dagli scavi: era il 13 dicembre 1755 e così nasceva la Regale Accademia Ercolanese. L'accademia doveva essere composta da soli quindici filologi e riunirsi presso la segreteria di stato della casa reale sotto la presidenza del Tanucci. I quindici membri prescelti furono: Ottavio Antonio Bayardi, Alessio Simmaco Mazzocchi, Giacomo Castelli, Salvatore D'Aula, Pasquale Carcani, Ferdinando Galiani, il conte di Pianura Francesco Grassi, Girolamo Giordano, il padre somasco Maria della Torre, il padre Francesco Maria Tarugi, Francesco Valletta, Francesco Pratilli, il barone Domenico Ronchi, Mattia Zarrillo, Niccola Ignarra

Alla morte di tre di questi subentrarono in seguito il marchese Filippo Mazzocchi (nipote del più famoso Alessio Simmaco), Michele Arcangelo Lupoli e Vincenzo Calà. Dopo il ripristino dell'accademia per la prima volta ne venne anche scritto uno statuto, composto da dodici articoli, approvato da re Ferdinando IV il 10 maggio 1787. Caduta in un totale silenzio per un lungo periodo, l'accademia ha ripreso vita nel dicembre 1996 grazie ad Aniello De Rosa, suo attuale presidente, che l'ha voluta ripristinare per reagire al "degrado della vita culturale della Città di Ercolano e più in generale del territorio vesuviano" e per "rianimare le attività culturali di quest'angolo della Regione Campania e soprattutto richiamare alla memoria degli Ercolanesi le nobili memorie delle antiche città di Ercolano, Pompei, Oplontis e Stabiae".

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